Omaha Beach, impossibile non andarci se fai un viaggio in Normandia. Omaha Beach è di una delle cinque spiagge su cui avvengono gli sbarchi il 6 giugno del 1944, giorno dell’ormai celeberrimo D-Day. La spiaggia, dell’ampiezza di 8 chilometri, si stende, come un serpente stanco degli uomini e delle loro diatribe, da Sainte-Honorine-des-Pertes a Vierville-sur-Mer nel dipartimento del Calvados, nella Bassa Normandia
Omaha Beach, lo sbarco
Le prime truppe a sbarcare sulla spiaggia appartengono alla 29ª Divisione di Fanteria americana, nei settori occidentali, e l’oramai esperta 1ª Divisione di Fanteria, anch’essa americana, nei settori orientali.
Entrambe le divisioni sono inquadrate nel V Corpo d’armata statunitense al comando del generale Omar Bradley, a bordo dell’incrociatore Augusta. La scena iniziale che vediamo nel film Salvate il Soldato Ryan racconta proprio di quella carneficina avvenuta non sulla famosa linea del bagnasciuga di mussoliniana memoria ma sulla battigia che si incarnò del sangue dei soldati alleati.
Praticamente un tiro al piccione che i tedeschi fecero dalle famose torrette sui malcapitati “marines” che scendevano dai mezzi da sbarco. Ripensando alla storia, non è un caso che feci domanda per entrare, in gioventù, nei nostri lagunari San Marco.
Non per cupio dissolvi ma, come sempre, per “empatia” con i più in difficoltà che, almeno in quel frangente, come nella controffensiva delle Ardenne, furono gli Alleati. Quando la guerra non è quella dei bombardamenti a raffica, Dresda “coventrizzata” durante la Seconda guerra mondiale ne è l’emblema, gli americani vanno in crisi. Come in Vietnam dove, forse, nemmeno “l’acciaico” Patton, avrebbe conseguito significative vittorie.
Omaha Beach, la spiaggia
Omaha Beach fa strano quando arrivi. Un posto così bello, il mare cosi aperto, la spiaggia così immensa. Guardi l’orizzonte e pensi. Il silenzio è ancora più immoto, l’atmosfera irreale. Fa breccia qualche sospiro in mezzo a quelle croci, vorresti prenderle a mazzi, come fiori, per lastricarci le strade del cielo. Passeggiando sulla sabbia, arrivi alla scultura “Les Braves” (i coraggiosi). Composta da tre elementi, riporta questi pensieri:
- Le ali della speranza: In modo che lo spirito che ha portato questi uomini il 6 giugno 1944 continua a ispirarci, ricordandoci che insieme è sempre possibile cambiare il futuro.
- Alzati, Libertà! : in modo che l’esempio di coloro che sono saliti contro la barbarie, ci aiuta a rimanere in piedi forte contro tutte le forme di disumanità.
- Le ali della fraternità: perché questa ondata di fratellanza ci ricordi sempre la nostra responsabilità nei confronti degli altri e di noi stessi.
- Il 6 giugno 1944 questi uomini erano più che soldati, erano nostri fratelli.
Il museo
Da non perdere il Museo del D-Day. L’esposizione raccoglie una collezione di oggetti e materiali eccezionali che testimoniano le tecnologie di guerra del tempo e gli oggetti personali dei soldati. Durante il D-Day paesi come St-Lauren-sur-Mer e Colleville-sur-Mer vengono conquistati in un giorno. Ingenti le perdite, come abbiamo accennato in apertura. Il museo ripercorre i giorni precedenti e successivi allo sbarco.
Normandy American Cemetery and Memorial
La parte più toccante, il cimitero alla memoria dei caduti americani, dove il cammino si fa palpitante ricezione di un mondo invisibile eppure così “loquace”. Il cimitero si trova a poche centinaia di metri dalla spiaggia di Omaha, ed è una distesa infinita di croci o stelle di David in marmo bianco di Lasa.
Ci passi accanto, le attraversi, sul terreno verde, in religioso silenzio. Sono i posti dove capisci la differenza tra il senso del sacro e le paternali delle religioni. La morte stabilisce subito sacralità, nonostante le eruttazioni del relativismo.
La maggioranza delle croci ha il suo nome e luogo di provenienza, altre no. La guerra, denudata dalla retorica e dalla cinematografia, si rivela per ciò che realmente è: massacri di vite che vengono messe “in croce”. L’atmosfera non può che invitare al rispetto e alla riflessione. Accarezzi queste croci, poi esci. Hai bisogno di vita, di un bicchierino di Calvados.
Senonaltro per brindare al ricordo di quei tanti giovani, da una parte e dall’altra, che non ebbero possibilità di scelta. E che oggi riposano qui, con il volto all’orizzonte, e gli occhi che puntano ancora a quel mare. Tutto intorno, un dedalo di stradette che conducono a paesini deliziosi.
Omaha Beach è come il mondo. Bellezza, oltre la morte. Vale la pena di andarci. Per capire quanto questa esistenza, vada pur sempre amata, protetta, amministrata, dedicata. Soprattutto in tempi in cui è più facile dire scempiaggini sui social che mettere in moto il cervello, alimentando il dono prezioso della memoria.
Foto © Scrittore In Viaggio
Leggi anche